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Dall’integrazione all’inclusione…


Erano gli anni ’70 quando in Italia sono state chiuse definitivamente le scuole speciali o classi differenziali, e gli alunni con disabilità sono stati integrati nelle scuole cd. “normali”.
Da allora, è stata avviata una riflessione profonda e ancora aperta sui cambiamenti – culturali, organizzativi, mentali e relazionali – necessari per poter realizzare un ambiente inclusivo: dall’odioso modello della segregazione era necessario evolvere verso forme più eque.
Oggi si tende a confondere l’integrazione con l’inclusione o a considerarle sinonimi, ma non è così. L’integrazione guarda al singolo soggetto all’interno di un gruppo e interviene prima su di lui e poi sul contesto: dal momento che la disabilità è vista come una condizione invalidante, per fare integrazione si assiste la persona con una serie di rimedi che provano ad alleviarne il disagio, fisico e sociale, in una prospettiva medicalizzante, senza riguardo ai profili sociali e relazionali, cioè senza coinvolgere nessun altro. In questo modo, le persone con disabilità entrano sì a far parte della comunità, ma ne restano di fatto separati.
Al contrario, l’inclusione ha come obiettivo il contesto sociale, per promuovere quei cambiamenti di cui tutti, indistintamente dalla condizione di partenza, possano beneficiare: la domanda è “come posso rendere il contesto esterno più facile per tutti?”.
Nel 1994 la Conferenza Mondiale sull’educazione inclusiva di Salamanca ha raccontato per la prima volta questo grande cambiamento culturale: “dall’idea di un’educazione speciale rivolta strettamente agli studenti con disabilità (integrazione) ci si sposta all’idea di un’educazione per tutti (inclusione) […] L’inclusione rappresenta quindi l’evoluzione del concetto di integrazione, con il fine di aprirsi oltre al mondo della disabilità per poter rispondere ai bisogni di ciascuna persona”. Non ha più senso parlare di persone speciali accanto a persone normali, dal momento che, rispetto al proprio bisogno, ciascuno di noi è speciale!
Per dirla con le parole di Vern Myers, esperta di pratiche inclusive nelle aziende, “l’integrazione vuol dire essere invitati alla festa; inclusione significa essere invitati a ballare”.

Per chi volesse approfondire, invitiamo a leggere questo ricco articolo di Loredana Dell’Isola che offre davvero tante suggestioni: https://oppi.it/wp-content/uploads/2017/05/oppinfo121_042-050_Dellisola.pdf Ma soprattutto ci piace citare questi due articoli del prof. Andrea Canevaro che è stato nostro ospite nella precedente edizione, assoluto protagonista di una bellissima chiacchierata con il prof. Franco Lorenzoni, “Le parole per indicare qualcuno”: https://oppi.it/wp-content/uploads/2017/05/oppinfo121_042-050_Dellisola.pdf http://forum.indire.it/repository_cms/working/export/4936/approfondimenti/lunga_strada_canevaro.pdf Per chi volesse rivedere il video di Canevaro e Lorenzoni: https://www.facebook.com/sognalibri.it/videos/466236591320700

Programma Rassegna di Maggio

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Inclusive Book e libri in simboli

La svolta dell’Inclusive Book

Come ci ricorda la Carta dei diritti della Comunicazione, “ogni persona, indipendentemente dal grado di disabilità, ha il diritto fondamentale di influenzare, mediante la comunicazione, le condizioni della sua vita”, ovviamente per migliorarla, per esprimere in pienezza la propria identità. Partendo da questo principio si declinano, poi, i diritti specifici di ‘chiedere’, ‘scegliere’ e ‘rifiutare’, che presuppongono sempre un intervento e un coinvolgimento attivo dell’adulto, del terapeuta, del logopedista il quale, però, non potrà mai sostituirsi all’effettivo titolare del diritto: dal momento che al centro della nostra strategia comunicativa si devono trovare sempre e solo le sue esigenze e i suoi effettivi bisogni, dobbiamo fornire reali opportunità di scelta e definire proposte flessibili, motivanti, mai banali.

Tra le varie strategie comunicative, due tra le più efficaci sono rappresentate dal libro personalizzato e da quello modificato. Il primo è un libro creato ex novo, a partire dalla rielaborazione delle esperienze emotivamente significative della persona: l’obiettivo è quello di agganciare fin da subito il suo interesse, accompagnandolo a leggere e rileggere più volte la storia. I libri modificati, invece, partono da un libro già edito che viene modificato per renderlo più accessibile alla persona (a partire, ovviamente, da un testo che  già sappiamo rispecchiare i suoi gusti, interessi e bisogni).

La vera svolta, però, è rappresentata dall’Inclusive Book, ovvero un libro effettivamente edito, con ampia tiratura e diffusione, pensato con caratteristiche tali per fungere, allo stesso tempo, da contenitore e veicolo per esperienze realmente ed efficacemente inclusive (all’interno della classe o di gruppi di lettura nelle biblioteche, nelle librerie, in occasione di feste, letture animate o laboratori).

inbook e libri in simboli

In poco tempo, gli inclusive books (o libri in simboli) hanno rivelato una versatilità straordinaria, essendo in grado di spaziare ben oltre la narrativa in senso puro: possono essere, infatti, impiegati nella didattica, nella manualistica e nella saggistica (anche scientifica), nelle guide turistiche e, addirittura, nel giornalismo e nei testi regolativi (come leggi, ricette e istruzioni per l’uso).

Da qui le possibilità diventano enormi, verso una piena attuazione della Carta dei diritti della Comunicazione.

Per approfondire:

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La comunicazione aumentativa e alternativa (CAA)

Cos’è la CAA?

Con l’espressione “comunicazione aumentativa e alternativa” (CAA) si fa riferimento a una modalità comunicativa che integra o sostituisce il linguaggio verbale (o la scrittura) con altre modalità comunicative, maggiormente flessibili e in grado di coinvolgere più attivamente la persona che, per vari motivi (disabilità complesse, traumi, patologie neuromuscolari, ritardi neurocognitivi), può presentare difficoltà o ritardi nell’interfacciarsi con il linguaggio verbale.

L’aggettivo “aumentativa” ci ricorda che la questione centrale non è sostituire o integrare il linguaggio verbale ma definire, a partire dalla persona che si ha davanti, la strategia comunicativa più efficace per favorire il potenziamento delle sue effettive competenze; l’aggettivo “alternativa”, invece, ci parla proprio di queste strategie che, per essere veramente efficaci, devono essere alternative, cioè diverse dal linguaggio parlato.

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La questione centrale della CAA resta, però, la persona cui si rivolge e l’opportunità di creare con lui una comunicazione effettiva e coinvolgente: ecco perché l’approccio comunicativo deve essere multimodale e flessibile, nel senso che deve sapersi adattare alla persona, funzionalmente al suo bisogno di esprimersi (bisogni, speranze, idee) e di nutrire le proprie relazioni sociali, sia per brevi periodi che per esigenze di più lungo termine.

I libri in simboli: un valido aiuto

In questo contesto, i libri in simboli possono essere senz’altro uno degli ausili più efficaci e flessibili: da sempre le immagini rappresentano uno stimolo molto accattivante per qualunque bambino e, soprattutto, si acquisiscono non per insegnamento ma per esposizione nel tempo, a tutto vantaggio della naturalità degli usi e delle esperienze, presenti e futuri. Anche in questo caso, dunque, l’albo illustrato finisce per rivelarsi uno straordinario ausilio per l’inclusione, in grado di far crescere la relazione a partire dall’autentico riconoscersi e stare insieme, fianco a fianco, contribuendo alla stessa esperienza e prendendosi cura l’uno dell’altro: pagina dopo pagina, l’esperienza della lettura condivisa e co-costruita può rappresentare un insperato ‘trampolino di lancio’ per cambiare, insieme, il mondo circostante.

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Per esempio, aiutando il bambino a diventare sempre più consapevole dello spazio esterno, fino a riuscire ad appropriarsene almeno un poco: usando gli stessi simboli che il bambino ha ormai imparato da sé a riconoscere nelle pagine del libro, si potrebbe cominciare a etichettare – genitori e figli insieme – le scatole dei giocattoli, i mobili, i cassetti, oppure indicare luoghi, funzioni, pericoli, aiutandolo così a orientarsi e sviluppare la propria autonomia, anche in chiave decisionale.

CAA alla Rassegna Delle Letterature Inclusive

Nella Rassegna delle letterature inclusive non poteva mancare un appuntamento sulla CAA e sarà un appuntamento veramente straordinario: venerdì 31 maggio alle 17.00 avremo l’onore di ospitare Sante Bandirali, direttore editoriale di Uovonero, una casa editrice che da diversi anni è impegnata in questo settore, con diversi titoli in catalogo e, addirittura, una collana realizzata in collaborazione con altri editori. Inoltre, ospiteremo un intervento della dott.ssa Cinzia Capogna dell’Anffas e la ricchissima testimonianza de Il CAAmaleonte, un’associazione che opera da molti anni sul nostro territorio, nata dalla volontà di due mamme davvero speciali.

 

Se volete saperne di più, andate sull’evento Facebook, appositamente creato per l’occasione.

Per approfondire:

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Da Leroi-Gourhan ai Prelibri di Munari

(May) You Live In Interesting Times

André Leroi-Gourhan rappresenta probabilmente uno dei più geniali innovatori delle tecniche di scavi nell’archeologia moderna: dal momento che l’archeologo scavando distrugge il suo stesso oggetto di studio, Leroi-Gourhan cercava sempre di ricavare quante più informazioni possibili sul luogo di scavo, concentrandosi non sul particolare, ma sulle relazioni spaziali e funzionali tra gli oggetti, osservandoli in maniera sistemica. Secondo quanto lui stesso affermava, qualsiasi ricerca deve concentrarsi sulla totalità delle manifestazioni umane, per tutta l’ampiezza del loro habitat (sincronia) e per tutta la loro profondità cronologica (diacronía). Sono queste le basi teoriche per lo “scavo orizzontale”, la tecnica di scavo da lui introdotta in sostituzione di quella prevalente in quegli anni, rivolta alla verticalità e alla profondità.

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In questo modo, Leroi-Gourhan potè formulare ipotesi del tutto nuove sull’uomo, mettendo in risalto l’importanza della manualità nell’evoluzione della nostra specie. La mano, in origine, era solo una pinza per tenere sassi: il trionfo dell’uomo è cominciato quando è stato in grado di trasformarla nell’esecutrice sempre più abile delle sue idee di fabbricatore.

Non saper fare nulla con le proprie mani forse non è una cosa preoccupante a livello della specie (dovranno passare molti millenni prima di regredire a una paralizzante incapacità), ma sul piano individuale è ben diverso: dal momento che la mano è così strettamente legata al nostro sviluppo neuronale, non riuscire a pensare con le proprie dita significa fare a meno di una parte del pensiero propriamente umano. È quello che Leroi-Gourhan chiama il “problema della regressione della mano”.

I Prelibri di Munari

Alle sue intuizioni si collegano, quasi naturalmente, quelle di Bruno Munari: convinto che la sorpresa fosse la strada maestra per stimolare i bambini e proiettarli verso il sapere, Munari si convinse che questa passasse prima per le dita e poi per gli occhi. Così, a partire dalla fine degli anni ’40, cominciò a sperimentare nuove tipologie di libro, principalmente per soddisfare la curiosità del figlio Alberto. Dove lo portò questo percorso è ben noto: nel 1980 Munari pubblicò con Danese i celebri Prelibri, una raccolta di 12 libricini di 10 x 10 cm, grandi in proporzione ai loro piccoli proprietari. Ognuno di questi piccoli libri (che vengono prima di ogni altro libro) era realizzato con materiali diversi per indurre nel bambino diverse sollecitazioni tattili e visive.

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Attraverso un approccio plurisensoriale, i Prelibri consentono ai bambini di acquisire familiarità con l’oggetto libro, sfogliandolo e associandolo a qualcosa di curioso, abituandosi a utilizzare la propria creatività e immaginazione per rispondere agli stimoli esterni e per sviluppare una certa attitudine all’elasticità mentale.

Il tutto, però, passando per le proprie mani e la piena rivelazione di sè.

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I Silent Book (1° parte)

Libri senza parole: dal mondo a Lampedusa e ritorno

La nostra Rassegna è al giro di boa!

In questa terza settimana ci soffermeremo su un particolare tipo di albo illustrato, il silent book, adattissimo a diverse modalità di lettura inclusiva; in primis, verso le persone di altra lingua e nazionalità.

A questo proposito, il nostro Paese è al centro di una esperienza veramente inclusiva che coinvolge editori provenienti da oltre 20 paesi di 4 continenti, i cui silent convergono nell’isola di Lampedusa, in una biblioteca molto speciale, rappresentata prevalentemente da silent book.

Libri senza parole: dal mondo a Lampedusa e ritorno” è il nome di questo poderoso progetto di cooperazione internazionale, promosso da IBBY Italia, grazie alla collaborazione di un comitato promotore con base a Roma.
La selezione bibliografica include ormai 120 titoli, catalogati a titolo gratuito dalla cooperativa Biblionova e realizzata con il contributo delle diverse sezioni nazionali di IBBY nel mondo: la collezione è ospitata presso Lo scaffale d’arte del Palazzo delle Esposizioni a Roma, a disposizione di ricercatori, docenti e appassionati e ha dato vita anche a una mostra documentaria itinerante, che può circolare a richiesta in Italia e all’estero.

progetto silent book lampedusa locandina

La creazione di una biblioteca comunale nell’isola ha una valenza altamente simbolica: come noto, Lampedusa è il simbolo nel mondo di tutti i luoghi reietti e dimenticati, dove si raccoglie la disperazione di bambini senza più lacrime e genitori senza più futuro; un non-luogo rispetto al quale è sufficiente voltare la testa altrove per fingere che non esista davvero, per negarne la consistenza geografica e la tragicità di quel che si condensa in questo lembo di terra, periferia d’Italia e d’Europa, margine del futuro dell’uomo.
Ripartire dal libro, a Lampedusa, e da un libro senza parole, vuol dire ripartire – in silenzio, ma con concretezza – dai bisogni di chi cresce lontano dalla lettura e dai principi di tolleranza e di comprensione che solo la lettura è in grado di stimolare.

illustrazione in bianco e nero a matita
Illustrazione di Tommaso Carozzi tratta dal nuovo silent book di Davide Calì

La scelta del nucleo di libri per ragazzi che IBBY Italia raccoglie e dona all’isola di Lampedusa non è, dunque, casuale: i silent book, ovvero i libri senza parole, dal momento che affidano il racconto alle sole immagini, riescono ad annullare ogni barriera linguistica e culturale e si rivelano particolarmente adatti a stimolare e facilitare l’incontro tra bambini di origini diverse e, al tempo stesso, utili per gettare solide basi per l’apprendimento di un vocabolario di immagini, a partire dal quale costruire un vocabolario di comprensione sociale e di solidarietà umana.
Perché nessuno dovrebbe essere  straniero su questa Terra che chiamiamo casa.

Per approfondire: