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Da Leroi-Gourhan ai Prelibri di Munari

(May) You Live In Interesting Times

André Leroi-Gourhan rappresenta probabilmente uno dei più geniali innovatori delle tecniche di scavi nell’archeologia moderna: dal momento che l’archeologo scavando distrugge il suo stesso oggetto di studio, Leroi-Gourhan cercava sempre di ricavare quante più informazioni possibili sul luogo di scavo, concentrandosi non sul particolare, ma sulle relazioni spaziali e funzionali tra gli oggetti, osservandoli in maniera sistemica. Secondo quanto lui stesso affermava, qualsiasi ricerca deve concentrarsi sulla totalità delle manifestazioni umane, per tutta l’ampiezza del loro habitat (sincronia) e per tutta la loro profondità cronologica (diacronía). Sono queste le basi teoriche per lo “scavo orizzontale”, la tecnica di scavo da lui introdotta in sostituzione di quella prevalente in quegli anni, rivolta alla verticalità e alla profondità.

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In questo modo, Leroi-Gourhan potè formulare ipotesi del tutto nuove sull’uomo, mettendo in risalto l’importanza della manualità nell’evoluzione della nostra specie. La mano, in origine, era solo una pinza per tenere sassi: il trionfo dell’uomo è cominciato quando è stato in grado di trasformarla nell’esecutrice sempre più abile delle sue idee di fabbricatore.

Non saper fare nulla con le proprie mani forse non è una cosa preoccupante a livello della specie (dovranno passare molti millenni prima di regredire a una paralizzante incapacità), ma sul piano individuale è ben diverso: dal momento che la mano è così strettamente legata al nostro sviluppo neuronale, non riuscire a pensare con le proprie dita significa fare a meno di una parte del pensiero propriamente umano. È quello che Leroi-Gourhan chiama il “problema della regressione della mano”.

I Prelibri di Munari

Alle sue intuizioni si collegano, quasi naturalmente, quelle di Bruno Munari: convinto che la sorpresa fosse la strada maestra per stimolare i bambini e proiettarli verso il sapere, Munari si convinse che questa passasse prima per le dita e poi per gli occhi. Così, a partire dalla fine degli anni ’40, cominciò a sperimentare nuove tipologie di libro, principalmente per soddisfare la curiosità del figlio Alberto. Dove lo portò questo percorso è ben noto: nel 1980 Munari pubblicò con Danese i celebri Prelibri, una raccolta di 12 libricini di 10 x 10 cm, grandi in proporzione ai loro piccoli proprietari. Ognuno di questi piccoli libri (che vengono prima di ogni altro libro) era realizzato con materiali diversi per indurre nel bambino diverse sollecitazioni tattili e visive.

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Attraverso un approccio plurisensoriale, i Prelibri consentono ai bambini di acquisire familiarità con l’oggetto libro, sfogliandolo e associandolo a qualcosa di curioso, abituandosi a utilizzare la propria creatività e immaginazione per rispondere agli stimoli esterni e per sviluppare una certa attitudine all’elasticità mentale.

Il tutto, però, passando per le proprie mani e la piena rivelazione di sè.

Per approfondire:

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I Silent Book (2° parte)

Da dove viene il termine silent book?

Pochi sanno che il termine silent book è stato impiegato, per la prima volta, da una nota e pluripremiata autrice di albi illustrati, Giovanna Zoboli, che nel 2005, dovendo preparare un corso di formazione sul rapporto fra parola e immagine nei libri illustrati, andava alla ricerca di un termine che identificasse gli albi senza parole, avendo difficoltà a trovarlo. Lo ha raccontato in un articolo disponibile sulla rivista Doppiozero, che potete consultare a questo link.

“In quel periodo in Italia questo tipo di libri non era molto diffuso e anche la letteratura critica in merito latitava. Perciò per studiare l’argomento mi rivolsi in particolare alla produzione libraria francese e americana, dove questi libri erano più diffusi. Mi chiesi per cominciare come le letterature straniere denominassero questa tipologia di libro: i francesi, album sans texte; gli anglosassoni, wordless book. Però poi rovistando in rete trovai il sito di un artista americano (del quale poi purtroppo smarrii il riferimento) che per la sua produzione di libri di sole immagini usava il termine silent book. Quel nome mi piacque subito molto”.

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I silent sono libri silenziosi?

In verità, leggere questo tipo di albi illustrati è tutto fuorché un’esperienza silenziosa: i bambini – per niente intimoriti dall’assenza di parole – si stringono intorno al libro, cominciano ad additare le singole figure, cominciano subito a commentare, fanno battute, si contraddicono, si parlano addosso, formulano, modificano, scompongono e ricompongono le proprie ipotesi, tutto come se ci si trovasse nel bel mezzo di un chiassoso mercato della fantasia e dell’immaginazione. Come afferma Shaun Tan, autore de L’Approdo, “I bambini si distinguono per l’onestà e la libertà delle loro interpretazioni, e per la loro naturale vocazione all’osservazione minuta dei dettagli delle figure, mentre gli adulti sono invece tutti presi dal carpire i significati, rintracciare i grandi concetti, ideologie, dottrine e -ismi vari”.

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Com’è stato fatto osservare, nei silent book abbiamo, forse più che in altri albi illustrati, un autore a nostra completa disposizione: è come se davanti ai nostri occhi scorressero non già fotogrammi di una
storia già data e confezionata, ma frammenti scombinati di un pensiero ancora in formazione, che ci chiama a fornire il nostro contributo per fare un po’ di luce nel complesso intrico del suo divenire. Per questo si dice che il silent book rende possibile la co-costruzione della trama, a partire proprio dalla collaborazione del lettore – meglio se ‘tanti’ lettori – con l’autore.

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Questi albi illustrati, insomma, rappresentano un prodigioso rovesciamento dei più frequenti luoghi comuni relativi alla letteratura per l’infanzia, in primis quello per cui gli albi con poche parole sono fatti per i bimbi piccoli, non potendosi far carico di alcuna missione pedagogica (a differenza dei libri con tanto (tanto) testo: come se bastasse la quantità tipografica per assicurare la qualità letteraria di un libro!)

Come se fosse legittimo tracciare a cuor leggero una linea di demarcazione tra linguaggi facili e difficili, efficaci e inefficaci, d’oro e d’argento. Al contrario – e la nostra Rassegna sembra confermarcelo appuntamento dopo appuntamento – ogni questione comunicativa è legata non tanto al registro impiegato ma alla dimensione relazionale nell’ambito della quale il registro scelto ha
pienamente – e finalmente – senso.

Come si scrive il silent?

Ma cosa cambia per un autore scrivere un silent book? come viene a definirsi la sinergia con l’illustratore? come viene scelto il soggetto? e la sequenza per raccontarlo?

A queste e ad altre domande ha risposto un autore d’eccezione: Davide Calì, ospite della Rassegna delle letterature inclusive con un approfondimento sui silent book.
Subito dopo la giovane illustratrice romana Shu Garbuglia ha tenuto un laboratorio per bambini dal titolo “Prima e dopo”.

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Lettura e inclusione

Che cosa vuol dire letteratura inclusiva?

Che cosa si intende veramente quando si parla di “lettura/letteratura inclusiva“?
E quante forme ne esistono?
Con quali caratteristiche?
In questo contributo video, che inaugura ufficialmente il nostro canale Youtube, la dott.ssa Livia Capponi ci aiuta a capirne un po’ di più e ad orientarci tra generi e strumenti assai diversi.

Approfondimenti:

Per ulteriori approfondimenti, potete consultare questi due interessantissimi documenti:

  • la carta dei diritti della lettura, promossa nel 2011 dall’associazione Donne di Carta e scaricabile gratuitamente sul loro sito.
  • un articolo, apparso qualche tempo fa su Scaffale Basso, che fa il punto sull’editoria per l’infanzia che parla di disabilità.
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Letture ad alta voce

Perché è importante leggere ad alta voce?

Ci sono mille buoni motivi per leggere ad alta voce, in famiglia, a scuola, in libreria oppure tra amici. Noi esseri umani viviamo storie, raccontiamo storie, pensiamo e interpretiamo il mondo in termini narrativi ed è proprio questo aspetto che ci rende fortissimamente connessi gli uni agli altri: tutti siamo allo stesso tempo narratori e ascoltatori, teatranti e spettatori, particelle semantiche di un intricato – ricchissimo – universo narrativo.

gianni rodari illustrazione
Credits

I libri e le storie che ci tramandiamo da sempre, ci aiutano a instaurare la nostra personalissima rete di relazioni, a partire da quella con i nostri genitori: Rodari, a questo proposito, osservava che tra i tanti buoni motivi per cui un bambino è contento che la mamma o il papà legga per lui è rappresentato proprio dal tempo che il genitore decide di dedicargli, mettendo da parte ogni altro impegno o incombenza.
Il privilegio dell’esclusività.

Letture ad alta voce: una pratica davvero inclusiva

Daniel Pennac, nel definire quelli che sono ormai noti come i diritti del lettore, parte da alcune considerazioni sulla lettura ad alta voce: egli insiste sul fatto che deve essere gratuita, non potendo rappresentare un premio o essere mortificata da una punizione; inoltre, dice, deve essere attenta, appassionata, presente. E, soprattutto, deve continuare anche quando il bambino ha imparato a leggere per conto suo: non lasciamoci sfuggire l’occasione di affiancarlo in queste splendide sortite nel fiabesco e nella letteratura.
Insieme a lui, fianco a fianco, ne vedremo delle belle!

letture ad alta voce per bambini

La lettura ad alta voce è, dunque, una pratica fortemente inclusiva dal momento che è intimamente relazionale: può arrivare ovunque, nelle scuole e negli asili, ma anche negli ospedali o nei consultori, laddove allegria e sorrisi stentano a farsi strada.
E se la nostra voce – o la nostra lingua – dovesse incontrare qualche ostacolo, l’impegno della presenza ci aiuterà a prediligere quegli albi, quelle letture e quei linguaggi che meglio di altri sapranno raggiungere con
efficacia il nostro piccolo pubblico, suscitandone l’attenzione e l’interesse.

Mercoledì 08/05 avremo il piacere di ospitare durante la nostra Rassegna “Leggere in famiglia: il programma Nati per Leggere”.
Nati per Leggere si propone lo scopo di diffondere la lettura ad alta voce come occasione per riscoprire il libro nella sua dimensione relazionale, quale strumento per creare legami, condividere esperienze, fare inclusione.
Se non volete perdervi questo fantastico incontro, correte a prenotarvi!

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Qui puoi trovare il programma completo della Rassegna.
Tutti gli incontri sono gratuiti ma necessitano la prenotazione:
prenotazioni@sognalibri.it
3711867872 (anche WhatsApp)