I Silent Book (2° parte)

silent book davide calì

Da dove viene il termine silent book?

Pochi sanno che il termine silent book è stato impiegato, per la prima volta, da una nota e pluripremiata autrice di albi illustrati, Giovanna Zoboli, che nel 2005, dovendo preparare un corso di formazione sul rapporto fra parola e immagine nei libri illustrati, andava alla ricerca di un termine che identificasse gli albi senza parole, avendo difficoltà a trovarlo. Lo ha raccontato in un articolo disponibile sulla rivista Doppiozero, che potete consultare a questo link.

“In quel periodo in Italia questo tipo di libri non era molto diffuso e anche la letteratura critica in merito latitava. Perciò per studiare l’argomento mi rivolsi in particolare alla produzione libraria francese e americana, dove questi libri erano più diffusi. Mi chiesi per cominciare come le letterature straniere denominassero questa tipologia di libro: i francesi, album sans texte; gli anglosassoni, wordless book. Però poi rovistando in rete trovai il sito di un artista americano (del quale poi purtroppo smarrii il riferimento) che per la sua produzione di libri di sole immagini usava il termine silent book. Quel nome mi piacque subito molto”.

silent book davide calì

 

I silent sono libri silenziosi?

In verità, leggere questo tipo di albi illustrati è tutto fuorché un’esperienza silenziosa: i bambini – per niente intimoriti dall’assenza di parole – si stringono intorno al libro, cominciano ad additare le singole figure, cominciano subito a commentare, fanno battute, si contraddicono, si parlano addosso, formulano, modificano, scompongono e ricompongono le proprie ipotesi, tutto come se ci si trovasse nel bel mezzo di un chiassoso mercato della fantasia e dell’immaginazione. Come afferma Shaun Tan, autore de L’Approdo, “I bambini si distinguono per l’onestà e la libertà delle loro interpretazioni, e per la loro naturale vocazione all’osservazione minuta dei dettagli delle figure, mentre gli adulti sono invece tutti presi dal carpire i significati, rintracciare i grandi concetti, ideologie, dottrine e -ismi vari”.

silent book l'approdo

Com’è stato fatto osservare, nei silent book abbiamo, forse più che in altri albi illustrati, un autore a nostra completa disposizione: è come se davanti ai nostri occhi scorressero non già fotogrammi di una
storia già data e confezionata, ma frammenti scombinati di un pensiero ancora in formazione, che ci chiama a fornire il nostro contributo per fare un po’ di luce nel complesso intrico del suo divenire. Per questo si dice che il silent book rende possibile la co-costruzione della trama, a partire proprio dalla collaborazione del lettore – meglio se ‘tanti’ lettori – con l’autore.

silent book

Questi albi illustrati, insomma, rappresentano un prodigioso rovesciamento dei più frequenti luoghi comuni relativi alla letteratura per l’infanzia, in primis quello per cui gli albi con poche parole sono fatti per i bimbi piccoli, non potendosi far carico di alcuna missione pedagogica (a differenza dei libri con tanto (tanto) testo: come se bastasse la quantità tipografica per assicurare la qualità letteraria di un libro!)

Come se fosse legittimo tracciare a cuor leggero una linea di demarcazione tra linguaggi facili e difficili, efficaci e inefficaci, d’oro e d’argento. Al contrario – e la nostra Rassegna sembra confermarcelo appuntamento dopo appuntamento – ogni questione comunicativa è legata non tanto al registro impiegato ma alla dimensione relazionale nell’ambito della quale il registro scelto ha
pienamente – e finalmente – senso.

Come si scrive il silent?

Ma cosa cambia per un autore scrivere un silent book? come viene a definirsi la sinergia con l’illustratore? come viene scelto il soggetto? e la sequenza per raccontarlo?

A queste e ad altre domande ha risposto un autore d’eccezione: Davide Calì, ospite della Rassegna delle letterature inclusive con un approfondimento sui silent book.
Subito dopo la giovane illustratrice romana Shu Garbuglia ha tenuto un laboratorio per bambini dal titolo “Prima e dopo”.

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