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Mappe delle mie emozioni – Un silenzio che parla di noi

L’opera che perdura è sempre capace di un’infinita e plastica ambiguità; è tutto per tutti; è uno specchio che svela tratti del lettore ed è insieme una mappa del mondo. (Jorge Luis Borges)

Questo albo – formalmente “silenzioso” perché senza parole – si rivela sorprendente già nel titolo, che combina e mette insieme due elementi a dir poco intriganti dal punto di vista filosofico: mappe ed emozioni.

Le mappe, da sempre, esercitano sugli uomini un grande fascino, forse perché – nella loro materialità – restituiscono la sensazione di poter controllare un territorio, di poterlo contenere in un singolo manufatto, consultabile (e comprensibile) ogni volta che se ne ha bisogno. Ogni territorio, anche se conosciuto, può presentare comunque incognite e pericoli, perché non si lascia mai esplorare del tutto e tende a sottrarsi all’individuazione di rassicuranti punti di riferimento: la mappa, invece, ci permette di penetrarne i segreti e ci aiuta a muoverci con maggiore consapevolezza.

Ma – come insegna il filosofo polacco Alfred Korzybskila mappa non è mai il territorio, dal momento che sconta, inevitabilmente, un difetto di approssimazione, figlio della pretesa – forse assurda, sicuramente ridicola – di voler contenere un enorme volume tridimensionale in un contenutissimo spazio bidimensionale. A questo si aggiunga che la mappa rappresenta anche un’interpretazione del territorio, perché è condizionata dagli obiettivi, dalle credenze e dalle scelte di riferimento di colui che l’ha tracciata: nelle mappe babilonesi del VI secolo a.C. al centro del mondo c’è Babilonia, in quelle latine è Roma, mentre in quelle medievali troviamo Gerusalemme. E dal momento che, chi si muove in un territorio, lo fa avvalendosi di una mappa e dell’interpretazione che essa dà di quel territorio, ogni mappa finisce per rappresentarne un’idea diversa: tante mappe, tanti territori.

L’altro grande tema, dicevamo, sono le emozioni, sulle quali tanto – forse troppo – è stato già detto e scritto, anche nella letteratura per ragazzi. E subito si accalcano le domande: volerne parlare ancora non rappresenta forse un rischio dal punto di vista narrativo? quale altra prospettiva resta da esplorare? insomma, cosa resta ancora da dire?

Ma è proprio dalla combinazione operata dal titolo, nuova e nient’affatto scontata, tra “mappe” ed “emozioni” che scaturisce la cifra filosofica di questo bellissimo albo di Bimba Landmann, illustratrice e – qui come altre volte – anche autrice, che non ha certo bisogno di presentazioni: non è interessante quel che resta da dire (e, infatti, l’albo è “silenzioso” da questo punto di vista) ma quel che resta da esplorare. Dieci mondi, straordinari, visionari, profondi.

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La storia dell’albo è il resoconto di un viaggio che si snoda lungo questi dieci mondi, che prendono il nome da altrettante emozioni, evocati in dieci mappe: ma è molto più di questo, perché – parallelamente al racconto del viaggio, intenso e toccante – le singole mappe, coloratissime e accurate, raccontano un’altra storia, ciascuna relativa all’emozione da cui il territorio prende il nome, ciascuna incentrata su una specifica caratteristica che, prima di essere geografica (relativa al territorio che la mappa rappresenta), è emozionale.

Le emozioni di cui ci parla il titolo, infatti, pervadono tutto il territorio cui danno il nome, quasi lo modellano, lo pervadono, lo identificano in maniera inconfondibile. E le mappe – lasciandosi esplorare in ogni luogo con un dito, aggirando dirupi, costeggiando fiumi, attraversando terre sconfinate, impervie, lussureggianti o desertiche – ci permettono di familiarizzare con la territorialità di quell’emozione, di cui sono non soltanto la rappresentazione grafica, ma una traccia concreta e persistente.

Forse la mappa non è il territorio ma, le splendide tavole illustrate da Bimba sono capaci di restituire loro una tridimensionalità che altrimenti non potrebbero avere, in un effetto di rara potenza estetica. Lungi dall’essere rappresentazioni piatte, ciascuna di esse ricalca in forma, struttura e colore, la dinamicità, la ricchezza e l’incredibile varietà dell’emozione che si fa territorio: e mentre il viaggio prosegue attraverso nuove mappe e nuove emozioni, da pagina a pagina riecheggiano paesaggi e colori del grande Zavrel, il maestro “per sempre” cui Bimba dedica l’albo, e si fa più chiara in noi la consapevolezza che non si tratta affatto di territori ideali, chimerici e lontanissimi, ma di geografie concrete e reali, perché concrete e reali sono le emozioni che le abitano e le attraversano.

Queste mappe, uniche e prodigiose, non confondono l’emozione con il territorio ma sembrano rappresentarne la possibilità di una sovrapposizione: in questo modo noi lettori-esploratori, imparando a esplorare la mappa, scopriamo la dimensione emozionale che ogni territorio ha, sintonizzandoci con la cifra emotiva che sempre ci lega a luoghi e a geografie, dove incontriamo gente, facciamo esperienze, gustiamo il sapore della vita.

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A ben vedere il libro di Bimba ci restituisce una consapevolezza nuova e sorprendente: anche la mappa è un luogo, diverso da quello che viene rappresentato. Non è soltanto uno strumento per conoscere e comprendere il territorio, ma uno spazio autonomo, un mondo intermedio che ci permette di imparare ad abitare – e non semplicemente di occupare – con una nuova consapevolezza.

E dal momento che il territorio incarna un’emozione, per ciascuno di noi diventa indispensabile imparare ad abitare le mappe delle proprie emozioni.

Bimba Landmann, Mappe delle mie emozioni, Camelozampa, Monselice

Giancarlo Chirico

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Il fiore del signor Moggi di Bernard Friot e Nicoletta Bertelle

“Nulla vieta di credere che i discorsi che ora facciamo siano tenuti in sogno; e quando in sogno crediamo di raccontare un sogno, la somiglianza delle sensazioni nel sonno e nella veglia è addirittura meravigliosa” (Platone, Teeteto, 158 c)

 

Di che sostanza sono fatti i sogni?

È possibile disegnarne uno, appropriarsi della sua effimera bellezza, dargli corpo e colore, in modo che anche gli altri lo vedano e possano condividere con noi lo stupore e l’emozione che c’ha dato?

A ben vedere, per il signor Moggi – che si è appena svegliato da un bellissimo sogno – la questione non ha molto peso: lui sente, fortissimo, il bisogno di disegnare lo straordinario fiore che ha sognato; e subito si mette a cercare la forma ideale, la combinazione cromatica più idonea a restituirgli sul foglio la stessa intensità del sogno. Ma perché lo fa?

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Quante volte ci siamo svegliati, dopo un bellissimo sogno, con una sensazione vertiginosa e stupenda, cui abbiamo provato a dare forma attraverso le nostre parole, senza riuscirci? E a quel punto, davanti all’espressione un po’ perplessa e distaccata del nostro interlocutore, abbiamo dovuto amaramente concludere che no, quello non era la realtà, era soltanto un sogno: rassegnati, ci siamo lasciati trascinare dalla quotidianità della nostra routine. Beh, il signor Moggi – al contrario di noi – non si lascia affatto afferrare da questo grigio sconforto e, anzi, si mette subito a dipingere: per lui il fiore non è tanto il riflesso di un sogno destinato a svanire con le prime luci del giorno, ma una presenza reale, per quanto lontana. Ed è convinto che per coprire quella distanza, per evocare quella presenza, ci sia solo bisogno di cura, ricerca, impegno.

il-fiore-del-signor-moggi-03Davanti al bellissimo fiore che compare nella primissima doppia pagina dell’albo mi sono chiesto quanto sia stato arduo il compito di Nicoletta Bertelle, l’illustratrice del magnifico testo di Bernard Friot: mi sono immaginato i fogli che ha riempito con i suoi colori, le numerose prove e gli svariati tentativi di dar corpo all’inafferrabile; ho provato a sentire il pennello che fremeva sotto la mano, facendosi più leggiadro possibile, mentre nel cuore richiamava la voce del maestro di una vita, quello Štěpán Zavřel, che con il colore ha incantato gli sguardi di mezza Europa. Com’è stato possibile venire a capo di una prova artistica tanto notevole?

Con queste domande che mi ronzavano per la testa, mi sono messo sulle tracce del signor Moggi: ho visto il colore del suo dipinto ingrigirsi sotto i miei occhi e mi sono ricordato delle tante volte in cui mi sono mancate le parole per raccontare i miei sogni. Mi sono riconosciuto nel suo sconforto, per la goffaggine di quei tentativi volti a prestare ascolto ai suggerimenti di amici e parenti o all’esempio degli artisti più bravi. E mi sono incamminato assieme a lui – ancora in pigiama e con un occhio mezzo aperto sui sogni – per i sentieri di uno sconfinato giardino; e, affranto e sconsolato, mi sono lasciato sprofondare anch’io su quella panchina.

E lì abbiamo scoperto di non essere soli – il signor Moggi e io – perché seduta accanto a noi c’era una bambina (ma da dove sarà sbucata fuori?), che dice di essere in grado di disegnare il fiore, che lo conosce, che si tratta di un fiore del suo lontano paese. E mentre li ho visti volar via – il signor Moggi e la bambina – a cavallo di una farfalla di un viola sfavillante, ho realizzato di sognare il loro stesso sogno e di precipitare al centro di una nuova consapevolezza.

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Fino a oggi ero convinto che nessuno potesse mai entrare nei sogni di un altro: e come potrebbe mai fare? Ogni volta che ho provato a descrivere la potente verticalità di un’esperienza onirica, le parole sembravano sfilacciarsi e le descrizioni suonavano finte ed edulcorate, sicuramente non all’altezza di quella leggiadra potenza che mi trascinava via.

E, invece, è possibile: forse non ci riusciamo noi adulti, no, ma ci riescono i bambini! Loro sanno di che sostanza sono fatti i sogni! E, infatti, la bambina – lei sola – riesce finalmente a dare corpo al fiore del signor Moggi, quello stesso fiore che noi possiamo ammirare grazie al tratto, leggiadro e profondo, della Bertelle. Ed è un fiore dalle caratteristiche straordinarie, dal momento che tutti gli altri interlocutori, ammirandolo, ci vedono il fiore che avevano immaginato, per quanto fosse profondamente diverso da ogni altro.

Solo quello della bambina è identico a quello del sogno – anzi no, è proprio lo stesso fiore – perché lo sguardo di un bambino è capace di ogni prodigio, purché sia lasciato libero di spaziare, oltre ogni muro e confine. E qui il pensiero torna ancora a lui, a Zavrel (cui l’albo, non a caso, è dedicato) e alla sua incondizionata fiducia nei bambini e nella loro capacità di vedere autenticamente: e mi sembra un bel modo – questo – per ricordarlo, con le intense illustrazioni di una delle sue allieve, che ammantano di magia la sognante poesia-in-prosa di un altro indiscusso maestro, qual è Bernard Friot.

Giancarlo Chirico

 

Bernard Friot, Nicoletta Bertelle, Il fiore del signor Moggi, Fatatrac, Casalecchio di Reno (BO) 2019

 

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La Rassegna delle Letterature Inclusive vince il Maggio dei Libri 2019

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Anche se la Rassegna si è conclusa da alcuni mesi, abbiamo tre bellissime novità di cui vogliamo parlarvi. Andiamo con ordine.

La prima. Lo scorso 28 settembre la Rassegna delle letterature inclusive ha partecipato alla VI edizione di Educare alle Differenze che quest’anno si svolgeva a Pisa: Educare alle differenze è un’iniziativa nata dal basso, per sostenere la scuola pubblica e laica, artigiana di emancipazione e solidarietà, e per promuovere un’educazione che si fondi sulla differenza come valore e risorsa, non come problema o minaccia.

Il nostro poster faceva bella mostra di sé, accanto a tanti altri che raccontavano di sfide affascinanti e di iniziative straordinarie, radicate in ogni parte d’Italia. È stata una bellissima occasione per confrontarci con realtà assai diverse tra loro, conoscere tanta bella gente e stabilire nuovi legami, progettando insieme altre idee per il futuro. Per chi volesse dare una sbirciatina al nostro poster e ai suoi contenuti ora lo può trovare in libreria, proprio sulla porta d’ingresso, mentre annuncia la seconda grandissima novità!

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La nostra Rassegna è stata, infatti, giudicata la migliore iniziativa della sez. Librerie nell’ambito de Il maggio dei libri, la fantastica campagna nazionale di promozione alla lettura, organizzata dal Centro per il Libro e la Lettura, con il patrocinio della Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO. Leggete qua!

https://www.cepell.it/it/progetti/progetti-nazionali/335-i-vincitori-del-premio-maggio-dei-libri-2019-la-cerimonia-di-premiazione-il-4-dicembre-a-pi%C3%B9-libri-pi%C3%B9-liberi.html?fbclid=IwAR2ryFF-9fzGn-PM2mGwbEKPR6rd-zIbIUri3Et5Dx08mxDYsgvOBLqIgPY

 

Ricevere questo riconoscimento è per noi un grandissimo onore che vogliamo condividere con i diversi formatori che hanno accettato il nostro invito e ci hanno accompagnato lungo il nostro fittissimo calendario e le tante persone che hanno partecipato ai vari appuntamenti. Un grazie particolare va a Maura Picinich che ci ha sostenuto sin dall’inizio, permettendoci di dedicare la Rassegna alla memoria di Livio Sossi che era venuto a mancare proprio nei giorni in cui stavamo organizzando l’iniziativa; nonché alle Biblioteche di Roma e all’Amministrazione del X Municipio di Roma Capitale che hanno patrocinato la Rassegna.

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La premiazione avverrà alla Nuvola il 4 dicembre: noi già non vediamo l’ora!! E visto che un traguardo così importante va senz’altro festeggiato, abbiamo in programma un evento molto particolare in libreria, cui sarete tutti invitati!

E la terza novità? Giusto, ce ne stavamo quasi scordando…

Beh, la terza novità è che al prossimo mese di maggio mancano ancora 6 mesi, ma noi stiamo già lavorando alla prossima edizione… Come si dice in questi casi, stay tuned!

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Inclusive Book e libri in simboli

La svolta dell’Inclusive Book

Come ci ricorda la Carta dei diritti della Comunicazione, “ogni persona, indipendentemente dal grado di disabilità, ha il diritto fondamentale di influenzare, mediante la comunicazione, le condizioni della sua vita”, ovviamente per migliorarla, per esprimere in pienezza la propria identità. Partendo da questo principio si declinano, poi, i diritti specifici di ‘chiedere’, ‘scegliere’ e ‘rifiutare’, che presuppongono sempre un intervento e un coinvolgimento attivo dell’adulto, del terapeuta, del logopedista il quale, però, non potrà mai sostituirsi all’effettivo titolare del diritto: dal momento che al centro della nostra strategia comunicativa si devono trovare sempre e solo le sue esigenze e i suoi effettivi bisogni, dobbiamo fornire reali opportunità di scelta e definire proposte flessibili, motivanti, mai banali.

Tra le varie strategie comunicative, due tra le più efficaci sono rappresentate dal libro personalizzato e da quello modificato. Il primo è un libro creato ex novo, a partire dalla rielaborazione delle esperienze emotivamente significative della persona: l’obiettivo è quello di agganciare fin da subito il suo interesse, accompagnandolo a leggere e rileggere più volte la storia. I libri modificati, invece, partono da un libro già edito che viene modificato per renderlo più accessibile alla persona (a partire, ovviamente, da un testo che  già sappiamo rispecchiare i suoi gusti, interessi e bisogni).

La vera svolta, però, è rappresentata dall’Inclusive Book, ovvero un libro effettivamente edito, con ampia tiratura e diffusione, pensato con caratteristiche tali per fungere, allo stesso tempo, da contenitore e veicolo per esperienze realmente ed efficacemente inclusive (all’interno della classe o di gruppi di lettura nelle biblioteche, nelle librerie, in occasione di feste, letture animate o laboratori).

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In poco tempo, gli inclusive books (o libri in simboli) hanno rivelato una versatilità straordinaria, essendo in grado di spaziare ben oltre la narrativa in senso puro: possono essere, infatti, impiegati nella didattica, nella manualistica e nella saggistica (anche scientifica), nelle guide turistiche e, addirittura, nel giornalismo e nei testi regolativi (come leggi, ricette e istruzioni per l’uso).

Da qui le possibilità diventano enormi, verso una piena attuazione della Carta dei diritti della Comunicazione.

Per approfondire:

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La comunicazione aumentativa e alternativa (CAA)

Cos’è la CAA?

Con l’espressione “comunicazione aumentativa e alternativa” (CAA) si fa riferimento a una modalità comunicativa che integra o sostituisce il linguaggio verbale (o la scrittura) con altre modalità comunicative, maggiormente flessibili e in grado di coinvolgere più attivamente la persona che, per vari motivi (disabilità complesse, traumi, patologie neuromuscolari, ritardi neurocognitivi), può presentare difficoltà o ritardi nell’interfacciarsi con il linguaggio verbale.

L’aggettivo “aumentativa” ci ricorda che la questione centrale non è sostituire o integrare il linguaggio verbale ma definire, a partire dalla persona che si ha davanti, la strategia comunicativa più efficace per favorire il potenziamento delle sue effettive competenze; l’aggettivo “alternativa”, invece, ci parla proprio di queste strategie che, per essere veramente efficaci, devono essere alternative, cioè diverse dal linguaggio parlato.

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La questione centrale della CAA resta, però, la persona cui si rivolge e l’opportunità di creare con lui una comunicazione effettiva e coinvolgente: ecco perché l’approccio comunicativo deve essere multimodale e flessibile, nel senso che deve sapersi adattare alla persona, funzionalmente al suo bisogno di esprimersi (bisogni, speranze, idee) e di nutrire le proprie relazioni sociali, sia per brevi periodi che per esigenze di più lungo termine.

I libri in simboli: un valido aiuto

In questo contesto, i libri in simboli possono essere senz’altro uno degli ausili più efficaci e flessibili: da sempre le immagini rappresentano uno stimolo molto accattivante per qualunque bambino e, soprattutto, si acquisiscono non per insegnamento ma per esposizione nel tempo, a tutto vantaggio della naturalità degli usi e delle esperienze, presenti e futuri. Anche in questo caso, dunque, l’albo illustrato finisce per rivelarsi uno straordinario ausilio per l’inclusione, in grado di far crescere la relazione a partire dall’autentico riconoscersi e stare insieme, fianco a fianco, contribuendo alla stessa esperienza e prendendosi cura l’uno dell’altro: pagina dopo pagina, l’esperienza della lettura condivisa e co-costruita può rappresentare un insperato ‘trampolino di lancio’ per cambiare, insieme, il mondo circostante.

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Per esempio, aiutando il bambino a diventare sempre più consapevole dello spazio esterno, fino a riuscire ad appropriarsene almeno un poco: usando gli stessi simboli che il bambino ha ormai imparato da sé a riconoscere nelle pagine del libro, si potrebbe cominciare a etichettare – genitori e figli insieme – le scatole dei giocattoli, i mobili, i cassetti, oppure indicare luoghi, funzioni, pericoli, aiutandolo così a orientarsi e sviluppare la propria autonomia, anche in chiave decisionale.

CAA alla Rassegna Delle Letterature Inclusive

Nella Rassegna delle letterature inclusive non poteva mancare un appuntamento sulla CAA e sarà un appuntamento veramente straordinario: venerdì 31 maggio alle 17.00 avremo l’onore di ospitare Sante Bandirali, direttore editoriale di Uovonero, una casa editrice che da diversi anni è impegnata in questo settore, con diversi titoli in catalogo e, addirittura, una collana realizzata in collaborazione con altri editori. Inoltre, ospiteremo un intervento della dott.ssa Cinzia Capogna dell’Anffas e la ricchissima testimonianza de Il CAAmaleonte, un’associazione che opera da molti anni sul nostro territorio, nata dalla volontà di due mamme davvero speciali.

 

Se volete saperne di più, andate sull’evento Facebook, appositamente creato per l’occasione.

Per approfondire: