La domanda non è mai più grande della risposta

 

Che cosa rende filosofi? Il coraggio di non serbare nel proprio cuore alcuna domanda.

(Arthur Schopenhauer)

 

Quando mi chiedono com’è possibile fare filosofia a partire dagli albi illustrati, sono solito citare a menadito alcuni albi, alcuni titoli – diciamo così – infallibili, ‘esemplari’: in questo elenco non può mancare il capolavoro di Wolf Erlbruch, non tanto perché notissimo e pluripremiato e neppure per le suggestioni derivanti dal titolo, ma proprio per il modo in cui la narrazione si fa carico della ‘grande domanda’ e, dunque, del tentativo – quello sì, autenticamente filosofico – di darvi risposta.

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Una grande domanda sembrerebbe presupporre la necessità di una risposta altrettanto grande, una risposta capace di essere definitiva e risolutiva: sappiamo che non è così, tant’è che la storia della filosofia non rappresenta affatto una mitologia da imparare a memoria e chi se ne occupa sa quanto sia necessario saper argomentare compiutamente il proprio pensiero, per permettere all’interlocutore di comprenderlo e di ribattere. La prospettiva da cui muove Erlbruch è quella di presentare una carrellata di possibili risposte alla “grande domanda”, non già risposte astratte e preconfezionate, ma testimonianze dirette di persone in carne e ossa – e non solo…

Ciascuna di queste risposte è vera dal punto di vista di colui che la fornisce, tant’è che lui ci mette la faccia, parla in prima persona, occupa tutta la pagina e fa appello alla propria specifica esperienza: e a mano a mano che le pagine scorrono, l’attenzione del lettore non è più rivolta alla (grande) domanda cui fa riferimento il titolo, ma proprio alla variegata ricchezza di così tante risposte, tutte convincenti ed efficaci, perché profondamente autentiche.

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Erlbruch non si accontenta di passare in rassegna i vari personaggi interpellati e le loro argomentate risposte: preferisce piuttosto instaurare tra loro una vivace dialettica! Lungo la narrazione si alternano, si succedono, si contrappuntano risposte e protagonisti completamente diversi, in una sorta di staffetta nient’affatto lineare. Nasce quasi il sospetto che la risposta alla ‘grande domanda’ debba essere non semplicemente grande ma addirittura ‘enorme’, radicandosi nella totalità complessiva delle risposte date: non la loro mera sommatoria (che rischia di diluire, se non di disperdere, la cifra specifica dell’apporto di ciascuno) ma proprio l’andamento dialettico del loro alternarsi, confrontarsi, ribaltarsi l’una nell’altra, rilanciarsi l’una a partire dall’altra, e così via. Si succedono le risposte, proprio come si sfogliano le pagine dell’albo, scorrono i volti dei protagonisti e si inseguono le rispettive voci, ciascuna con il proprio timbro, tono e colore, nonché il valore aggiunto dei propri contenuti.

Ma allora questo è un libro destinato a non esaurirsi mai! Letta l’ultima pagina, possiamo ricominciare daccapo (o nel mezzo) e rileggere le risposte, cambiandone l’ordine, passando dall’una all’altra, ritornando indietro, saltando avanti… Da questo punto di vista, abbiamo tra le mani un vero e proprio ‘piccolo manuale di filosofia’: solo che i protagonisti non sono Platone, Spinoza o Hegel ma un pugile, un marinaio o un’anatra… E, a ben vedere, non c’è una sola ragione per la quale il punto di vista di un grande filosofo debba essere per definizione più autorevole di quello di un marinaio, di un pugile o persino di un’anatra, dal momento che ciascuno di noi ha le proprie ragioni – il proprio vissuto, la propria esperienza, le scelte fatte – che, se ben argomentate, rendono autorevole la nostra risposta.

Allora non ci sorprende affatto che l’ultima pagina dell’albo ci chiami letteralmente in causa, affinché anche la nostra voce possa dare il proprio contributo alla ricerca collettiva, nella speranza – perché no? – di imprimervi la svolta decisiva. E forti di questa consapevolezza, non tiriamoci indietro, allora: uniamo la nostra voce a quella degli strambi protagonisti di questo incredibile albo e sentiamoci legittimati a dire la nostra opinione, pronti ad argomentarla e a cambiarla, quando ce lo chiede la nostra esperienza; magari aggiungendo altri fogli all’ultima pagina, tutti quelli di cui avremo bisogno.

E a pensarci bene, potrebbe ben succedere che, nel tempo, arrivi a cambiare addirittura la grande domanda…

Ma, a proposito: qual era la grande domanda?

Anche quando viene chiusa la bocca, la domanda resta aperta.

(Stanisław Jerzy Lec)

Wolf Erlbruch, La grande domanda, Edizioni E/O, 2004

Articolo di Giancarlo Chirico