Non ora Bernardo, ovvero ascoltiamo i piccoli
“Non ora, Bernardo” è uno di quegli albi illustrati dalla forza indiscussa che, se si ha la fortuna di incrociare, è proprio il caso di non farsi sfuggire l’occasione di sfogliarlo, di osservarlo, di leggerlo e di rileggerlo. Statene certi, niente sarà più come prima… ma a una condizione, un’unica condizione: quella di avvicinarlo disarmati, senza giudizi e pregiudizi, liberi e pronti ad ascoltare…
L’autore in questione è David Mckee (classe 1935), scrittore e illustratore britannico, già conosciuto da un vasto pubblico per “Elmer, l’elefante variopinto” o i “Tre mostri”, oltre ad una produzione che conta più di trenta libri al suo attivo. In Italia fu pubblicato per la prima volta nel 1980 da Emme edizioni con il titolo “Non rompere Giovanni”; successivamente, nel 1998, da edizioni El con il titolo “Bernardo e il mostro”; nel 2019 dalla Mondadori con “Non ora Bernardo”.
Il potere di questa storia nasce dall’azione concomitante di Parola e Illustrazione in un sodalizio perfetto capace di veicolare un messaggio forte e chiaro su una tematica importante, quanto delicata, quale il bisogno del bambino di essere ascoltato da parte del genitore, e io aggiungerei, dell’adulto.
La storia racconta uno spaccato familiare in cui padre e madre sono in casa e, talmente occupati nelle loro faccende quotidiane, da non prestare attenzione a ciò che dice Bernardo, il loro bambino, trascurandone persino le “estreme” conseguenze . Bernardo, infatti, dopo aver chiesto aiuto alla mamma e al papà perché in giardino c’è un mostro e dopo essersi sentito continuamente rispondere “non ora Bernardo”, cercherà, da solo, di affrontarlo finendo per essere mangiato.
Da qui il paradosso , il mostro stesso entrerà in casa e i genitori di Bernardo non lo riconosceranno, crederanno sia ancora il loro bambino senza prestargli nemmeno uno sguardo e il mostro incredibilmente sarà addirittura spodestato dal suo essere mostro.
Quanto male fa l’indifferenza? Negare l’ascolto a un “piccolo” produce solitudine e la solitudine ti fa essere, sempre, in balia di altro o, addirittura diventare altro da te.
La maestria di Mckee sta proprio in questo: attraverso una semplice storia, ci presenta “naturalmente” una realtà fino alle sue massime conseguenze come un monito, provocatorio ed ironico… nessun puntare il dito, nessuna retorica, niente moralismi solo tanta attenzione alla Vita che ha bisogno di cure ed interesse per crescere vigorosa e feconda.
Questa storia è un invito a pensare sempre con gli occhi aperti a ciò che ci circonda, ci richiama alla responsabilità del nostro essere adulti e ci interpella senza mezze misure, arrivando diritta al cuore e alla coscienza. Può rappresentare, se vogliamo, un’occasione importante di crescita affettiva, uno strumento originale di consapevolezza e cambiamento personale e relazionale, e, come una cartina tornasole, mostrarci dove siamo, quale direzione abbiamo, e come possiamo rendere belle e sane le nostre relazioni in famiglia e fuori.
Buona lettura!